La vittoria del regime

Alessandro D'Ascanio
La vittoria del 1934
I campionati mondiali di calcio nella politica del regime
Chieti, Solfanelli, 2010
Scheda | Intervista con l'autore

Il 10 giugno 1934, nella coreografica cornice dello stadio del Partito Nazionale Fascista, la selezione italiana di football sconfigge sul terreno di gioco la rappresentativa cecoslovacca, laureandosi per la prima volta campione del mondo nello sport fin da allora più seguito dagli italiani. Sul pennone dello stadio romano, campeggia la bandiera nera del Partito Unico, mentre gli altoparlanti diffondono le note di Giovinezza, amplificate dal coro unanime dei cinquantamila spettatori presenti. In tale atmosfera di entusiasmo collettivo, Benito Mussolini si affaccia dalla tribuna nell'atto di raccogliere platealmente, davanti a una nutrita schiera di fotografi giunti da ogni parte del mondo, l’esplicito saluto romano degli azzurri schierati al centro del campo. Si tratta dell’epilogo trionfale di una manifestazione sportiva fortemente voluta dal regime, realizzata grazie all'impiego di ingenti risorse finanziarie, logistiche e umane, amplificata in maniera notevole dalla stampa e disputata con strenua determinazione da parte dei calciatori italiani.

Il Mondiale di calcio diventa una prospettiva da cui analizzare le dinamiche della stabilizzazione totalitaria e le ricadute interne al regime. Il calcio è, a un tempo, uno strumento di propaganda, un veicolo di consenso, una risorsa di politica estera da utilizzare nel confronto e nella dialettica con gli altri Paesi, di volta in volta potenziali alleati o nemici, in una sorta di simbolica anticipazione delle contese politiche. A far da contorno all'investimento politico del regime sull'evento è poi il racconto, in chiave epica ed enfatica, delle vicende calcistiche da parte delle grandi firme del giornalismo sportivo del tempo, degli inviati della radio, degli illustratori dei manifesti murali, significativi strumenti di comunicazione, a vario titolo arruolati dai vertici politici dello sport fascista nella costruzione di un rapporto di mobilitazione con un pubblico numeroso e partecipe.